Come diceva il grande giurista Calamandrei non è sufficiente avere ragione, ma è anche necessario che ci sia un giudice a dare ragione . E’ notizia, forse non adeguatamente commentata dalla stampa nazionale, che il Giudice dell’Udienza preliminare ddel Tribunale di Roma, ha assolto due militari italiani, impegnati in Iraq e rinviati a giudizio per fatti riconducibili alla c.d. e ormai famosa”battaglia dei due ponti”, avvenuta in Nassiriah tra il 5 ed il 6 luglio 2004. I due militari, un capo carro ed un mitragliere erano accusati di aver cagionato la morte di inermi civili (tra i quali bambini ed una donna incinta) alloggiati all’interno di una vettura della croce rossa. Senza entrare nel merito delle questioni tecnico-giuridiche, la sentenza del Gup ribalta completamente l’impostazione della sentenza del Gip che aveva ordinato al P.m. di rinviare a giudizio gli imputati , rigettando così la richiesta di archiviazione avanzata dalla pubblica accusa. In questa sentenza vì è un’applicazione del codice penale militare di guerra ed in particolare delle c.d. “regole di ingaggio”che imponevano ai militari in questione l’uso della forza, fino alle estreme conseguenze, nell’ipotesi di mancata ottemperanza da parte dell’autoambulanza alle procedure di identificazione all’atto del passaggio attraverso un presidio militare. Il giudice. correttamente, palesando una comprensione delle dinamiche belliche, prospetta nell’assolvere gli imputati dal reato di plurimo omicidio aggravato, l’inesistenza di una siituazione reale di pericolo (posta l’assenza di belligeranti all’interno dell’autoambulanza) che tuttavia fu ritenuta (legittimamente ) dagli operanti di pericolo per la loro incolumità e per la sicurezza del presidio a cui erano preposti, posta la condotta assolutamente imprudente messa in essere dalla stessa autoambulanza che si avvicinava progressivamente al presidio senza tuttavia arrestarsi o accennnare a farlo, dinnanzi alle intimazioni dei militari. Vì è in questa sentenza l’appliazione di un principio ben conosciuto dall’ordinamento militare, ovverosia la mancanza di penale responsabilità, per i soldati che agiscano nella convinzione dei un pericolo, peraltro non esistente, ma supposto legittimamente come tale, stante l’impossibilità di agire altrimenti in frangenti ove la “sicureza militare” è legata inevitabilmente a decisioni da prendere immediatamente e nell’arco di pochii secondi. E proprio il caso di dire che c’era un Giudice a Berlino (ovviamente Roma….) per gli imputati……