Truffa militare: non è reato lo svolgimento di altra attività quando il militare è in malattia

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La Suprema Corte è di recente tornata su una questione di estrema attualità che riguarda il comportamento del lavoratore ( militare) che svolga altra attività ( ludico ricreativa o lavorativa) nel periodo di convalescenza per ragioni di salute.
Sulla scorta del principio di fedeltà le Procure Militari hanno in più occasioni aperto procedimenti penali ( financo sfociati con alcune condanne) nei confronti dei militari trovati, nel periodo di assenza dal servizio per motivi di salute, a svolgere altra attività : in alcuni casi casi anche di natura sportiva.
Il reato configurato in questi casi è stato quello di truffa militare ex art. 234 c.p.m.p. per il quale è prevista la reclusione militare sino a tre anni con la rimozione dal grado.
La questione è in realta più complessa e necessita, senza moralismi o eccessi di qualunquismo, di una approfondita ricostruzione al fine di considerare la sussistenza di una responsabilità penale del militare che si trovi in tali condizioni.
Sul punto si legga l’ultimo contributo della Cassazione assolutamente condivisibile per l’equilibrio dimostrato : ” Si veda al riguardo Cass. 7.6.1995 n. 6399: “Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ove tale attività esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per sè sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una sua fraudolenta simulazione ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l’attività stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore”. 7. Si veda ancora Cass. 1.7.2005 n. 14046: “Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia per sè sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una fraudolenta simulazione, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva riconosciuto legittimo il licenziamento di un dipendente che era stato sorpreso a lavorare con mansioni di carico e scarico merci e servizio ai tavoli nel circolo ricreativo gestito dalla moglie durante un periodo di assenza dal servizio per distorsione al ginocchio)”. 7. Applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame si ha che l’espletamento di altra attività lavorativa ed extralavorativa da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idonea a violare i doveri contrattuali di correttezza e buonafede nell’adempimento dell’obbligazione, posto che il fatto di guidare una moto di grossa cilindrata, di recarsi in spiaggia e di prestare una seconda attività lavorativa sono di per sè indici di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltrechè dimostrativi del fatto che lo stato di malattia non è assoluto e non impedisce comunque l’espletamento di una attività ludica o lavorativa.