Susseguirsi di rapporti disciplinari e reiterazione di attività ispettiva: è mobbing

Condividi questo articolo

Facebook
Twitter
LinkedIn
Telegram
WhatsApp

 
La condotta mobbizzante può consistere nel reiterato e scriteriato uso, da parte dei superiori, del potere disciplinare.
La giurisprudenza amministrativa si è occupata, in talune occasioni, di azioni risarcitorie intentate all’esito del proscioglimento del soggetto indebitamente incolpato.
In tali casi, anzi, è stata riconosciuta la responsabilità per ” culpa in vigilando” della P.a. che, consapevole di tale condotta, ha mancato di intervenire affinchè cessasse il comportamento ostile.
Il frenetico susseguirsi di rapporti disciplinari ( nel lasso di poco tempo ) è considerato indice sintomatico di mobbing.
L’amministrazione silente a fronte dell’apertura di procedimenti tutti archiviati è stata condannata per colpa ” omissiva” essendo venuta meno ai suoi doveri di ” buona fede e correttezza nella gestione dei rapporti di lavoro” nonchè nella violazione dei doveri di imparzialità e buona amministrazione”.
Anche la ripetuta attività ispettiva , quando non sia espressione di fini istituzionali, può celare una forma di condotta mobbizzante.
In particolare, chi si è occupato della materia delle ispezioni e della potestà ad esse connessa, ha ravvisato l’ipotesi di eccesso di potere ( per sviamento dal fine istituzionale) nel caso di rinnovi di ispezioni dettati da finalità persecutorie.
Sul punto assume rilevanza anche, ai fini del diritto al risarcimento del danno, l’aver subito un’ispezione senza preventiva ” lettera di incarico” o oltre i termini di durata previsti dallo stesso incarico; così come la proposizione, all’esito dell’ispezione di atti abnormi ( quali ad es. proposte di trasferimenti per incompatibilità ambientale, sanzioni di corpo o addirittura di stato etc.).