speciale elargizione e vittima del dovere: prova più agevole rispetto al risarcimento del danno

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Rilevante sentenza del Consiglio di Stato che in un caso recente di militare impiegato in missione all’estero in teatro operativo assumeva di aver contratto una neoplasia in ragione dell’esposizione a peculiari fattori di rischio ( aree bombardate anche con proiettili ad uranio impoverito).

E’ stata l’occasione per il Consiglio di evidenziare la diversa disciplina in ordine al ” nesso causale” ed alla diversa prova che si deve fornire al Giudice nel caso si domandi la c.d. ” speciale elargizione” piuttosto che il risarcimento del danno da responsabilità del Ministero della Difesa.

Questi i passaggi essenziali:

“Come chiarito di recente da questa Sezione, a fronte della sottoposizione del militare a sostanze potenzialmente dannose, possono configurarsi diverse iniziative, tra le quali non solo la domanda di equo indennizzo, ma anche quella intesa al conseguimento della “speciale elargizione” prevista per le vittime del dovere nonché la domanda di risarcimento del danno, tutte sottoposte ad una specifica ed autonoma disciplina (Cons. Stato, sez. II 9 marzo 2022 n. 1695).

8.1 I presupposti alla base della speciale elargizione e dell’equo indennizzo, infatti, sono diversi da quelli posti a fondamento della domanda di risarcimento del danno, quand’anche in presenza di sovrapponibili fattori originativi (quali l’impiego in area contaminata con sostanze potenzialmente nocive) e di omogenee conseguenze di carattere patologico.

8.2 Il militare interessato a percepire la speciale elargizione di cui all’art. 1079 D.P.R. n. 90 del 2010 (o all’art. 6 D.P.R. n. 243 del 2006 e all’art. 1, comma 564, L. n. 266 del 2005) non è tenuto a dimostrare l’esistenza di un nesso eziologico fra esposizione all’uranio impoverito (o ad altri metalli pesanti) e neoplasia, mentre siffatto accertamento è necessario ove l’interessato svolga una domanda risarcitoria, ossia assuma la commissione, da parte dell’Amministrazione, di un illecito civile consistente nella colpevole esposizione del dipendente ad una comprovata fonte di rischio in assenza di adeguate forme di protezione, con conseguente contrazione di infermità. Ciò in quanto, in tale ipotesi, “grava sull’assunto danneggiato dimostrare, inter alia, l’effettiva ricorrenza del nesso eziologico (ossia la valenza patogenetica di siffatta esposizione), sia pure in base al criterio del più probabile che non. Laddove, invece, l’istanza tenda alla percezione della speciale elargizione, si verte in un ben diverso ambito indennitario” (Cons. Stato, sez. II 7 ottobre 2021 n. 6679; id. 9 agosto 2021 n. 5816; sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3418).

8.3 Poiché la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. è di natura contrattuale, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di avere adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno stesso. L’art. 2087 c.c., inoltre, non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, atteso che la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge, o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento (Cons. Stato sez. II, 9 ottobre 2020 n. 5995; con specifico riferimento all’esposizione ad amianto, cfr. Cons. Stato, sez. II 19 aprile 2022 n. 2956).

In definitiva la prova della c.d. ” speciale elargizione quale vittima del dovere appare piuttosto ricollegarsi alla ” eccezionalità” e/o straordinarietà dell’attività posta in essere dal militare rispetto al rischio specifico connesso ai suoi doveri militari: certamente la speciale elargizione sarebbe spettata ove il militare avesse partecipato ai bombardamenti, magari molteplici ( subendo ad esempio l’onda d’urto delle esplosioni….) ma non nel caso di mero transito in areee bombardate ( anche in questo caso tempo addietro…) .

Infatti afferma il Consiglio di Stato: “la straordinarietà dell’attività prestata atteso che, come sopra rilevato, nel corso delle missioni internazionali l’interessato è stato adibito a mansioni non operative che non hanno implicato il coinvolgimento in bombardamenti in atto, mentre non presentano carattere eccezionale, rispetto all’ordinaria attività di un appartenente alle Forze Armate impiegato in missione all’estero o in attività sul territorio nazionale, il soggiorno in zone interessate da pregressi bombardamenti o caratterizzate da clima rigido e in caserme contenenti amianto nonché l’impiego in campi di addestramento e in poligoni di tiro. Si tratta di condizioni disagiate, ma che non integrano quelle condizioni ambientali ed operative “particolari”, da collocarsi al di fuori del modo di svolgimento dell’attività generale e, quindi, non contemplate in caso di normale esecuzione di una determinata funzione(Cons. Stato, sez. II 26 aprile 2022 n. 3221Cass. civ. Sez. lavoro, 8 giugno 2018, n. 15027)”.