Simulata infermità ( art. 159 c.p.m.p.) e simulata inabilità ad un servizio particolare ( art. 161 c.p.m.p.): analogie e differente trattamento sanzionatorio

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 Un sottoufficiale in riposo medico inviava al C.do di appartenenza – al fine di evitare il giorno dopo di partecipare ad una parata militare  – un ulteriore certificato attestante una patologia inesistente ( in quanto guarita).
A seguito di accertamento medico il militare veniva riconosciuto idoneo al servizio e quindi deferito alla Procura Militare per il grave reato di cui all’art. 159 c.p.m.p. per aver simulato un’infermità per non rientrare in servizio e partecipare alla parata.
Recatosi dall’avvocato militare, particolarmente spaventato, chiedeva lumi circa la strategia da adottarsi, temendo in particolare la condanna per il reato di simulazione di infermità.
L’avvocato militare evidenziava al sottoufficiale la gravità dell’accusa mossagli in quanto, a mente dell’art. 163 c.p.m.p. la condanna, comporta quale pena accessoria quella della rimozione dal grado ( e la perdita del posto di lavoro), a prescindere dall’entità della pena irrogata.
In tali casi, tuttavia, sulla base di pronunce della Suprema Corte di Cassazione il militare aveva la possibilità di evitare una condanna per simulazione di infermità .
Infatti, ove ai sensi dell’art. 161 c.p.m.p. l’infermità simulata è al solo fine di sottrarsi ad un particolare servizio ( es. una parata, una marcia ecc.ecc.) – e non al servizio militare nel suo complesso – il reato è punito con la reclusione militare sino a sei mesi.
In assenza pertanto di richiesta di condanna ( c.d. richiesta di procedimento) da parte del Comandante di Corpo entro un mese dalla commissione del reato, lo stesso non è più perseguibile dalla Procura Militare assumendo – al più – valenza solo disciplinare.