Un sottoufficiale è destinatario di un provvedimento di congedo per superamento dei 730 gg. di aspettativa per motivi di salute nell’arco del quinquennio.
Non rientrato dal servizio, alla scadenza del periodo di riposo medico, viene inoltre raggiunto da un avviso di garanzia per il presunto reato di diserzione ai sensi dell’art. 148 c.p.m.p.
Il militare peraltro sostiene che il periodo di riposo medico, ai fini del computo dei giorni di aspettativa massima fruibili nel quinquennio, non sia equiparabile alla posizione di licenza per motivi di salute.
Al riguardo invoca l’ art. 13 della legge n. 599 del 1954.
La questione è di particolare deleicatezza ed intrisa di tecnicismo.
La disposizione si limita, infatti, soltanto ad individuare le posizioni in cui può trovarsi il sottufficiale in servizio permanente effettivo, senza dunque introdurre alcun elemento che possa consentire di affermare che il “riposo medico” non sia computabile a fini del calcolo del periodo massimo usufruibile di aspettativa per motivi di salute, senza incorrere nella dispensa dal servizio e dal collocamento in congedo.
Deve soccorrere, invece, un’interpretazione logica del complessivo contesto normativo applicabile alla fattispecie, costituito dalle disposizioni di cui agli articoli 13, 14, 15, 16 e 29 della legge n. 599 del 1954, dal quale si ricava agevolmente, per quel che qui rileva, che ogni assenza per malattia, qualunque ne sia la denominazione, va computata nel calcolo della misura massima di aspettativa usufruibile per motivi di salute, salvo scorporo della stessa in ragione delle previste licenze, che nella specie è stato correttamente disposto, come risulta dalla nota in atti dell’Amministrazione n. 568 del 25 novembre 2005 e dal prospetto analitico ad essa allegato.
Non pare, infatti, revocabile in dubbio che la specifica condizione del dipendente nei periodi di “riposo medico” sia comunque connessa a ragioni di salute e, comunque, abbia comportato la sua assenza dal servizio effettivo, non avendo egli dimostrato, così come ragionevolmente previsto anche dalla circolare del 2 maggio 1997 dell’Amministrazione militare, di essere soggetto ad obblighi di accasermamento o equiparati (ad esempio, imbarco, esercitazione etc…) che comportassero, in ogni caso, la sua presenza fisica nei luoghi di servizio, ancorché ammalato.
Peraltro, che tale sia stata l’effettiva condizione in detti periodi di “riposo medico” del Maresciallo X. è dimostrato anche dal fatto che quest’ultimo è stato mandato assolto dalla Giustizia Militare dal reato di diserzione, con formula “perché il fatto non sussiste”, sul decisivo presupposto, , che egli era risultato assente dal servizio per infermità e, dunque, con ciò escludendosi che lo stesso potesse essere considerato, in qualsivoglia maniera, in servizio effettivo nella predetta sua posizione di “riposo medico”.