riforma Cartabia e reati militari: “giustizia riparativa” anche per i militari?

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La recente riforma Cartabia ha inteso introdurre nel nostro ordinamento penale l’istituto della c.d. ” giustizia riparativa” intendendosi per esso ( ai sensi del Titolo IV del d.lgs. 150/2022 ) un programma svolto presso una struttura pubblica finalizzato alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato tra vittima del reato ed autore dell’offesa.

Tradizionalmente l’istituto della giustizia riparativa ( prima della riforma Cartabia) era devoluto a delle forme di risarcimento del danno ” extragiudiziali” ( come ad es. l’art. 162 ter del c.p. ) per i soli reati procedibili a querela con esclusione quindi dei reati militari per i quali, come è notorio , non esiste l’istituto della querela in ragione della tendenziale procedibilità d’ufficio fatti salvi i casi di procedibilità a richiesta dell’ A.D. ex art. 260 c.p.m.p.

Con l’entrata in vigore della riforma Cartabia – a far data dal 30.06.2023 – è lecito considerare che anche per i militari la c.d. ” giustizia riparativa” possa trovare nuovi spazi applicativi.

Esclusi infatti i reati procedibili di ufficio ( peculato, truffa militare, sabotaggio, disobbedienza, insubordinazione, abuso di autorità ecc. ecc.) esistono una tipologia di reati come ad es. il furto militare, la minaccia, l’ingiuria, le lesioni, le percosse  che sono solo formalmente ” militari” ma che di fatto riguardano rapporti tra pari grado e soltanto ” incidentalmente” la disciplina militare.

In tutti questi casi, quindi, in assenza di un espresso divieto, è lecito pensare che la giustizia ” riparativa” possa trovare vasta applicazione al fine di ricomporre i rapporti tra vittima ed autore del reato e, per essi, anche la coesione e la disciplina nei reparti.

In tal senso gli accordi raggiunti in sede di ” giustizia riparativa” potranno ( e dovranno) essere valutati dall’Autorità giudiziaria militare in ordine alle determinazioni sulla pena se non, addirittura sulla concessione dei benefici di legge ( sospensione condizionale, patteggiamento, declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto ecc. ecc.).

Non si può escludere, peraltro, che tali determinazioni possano infine incidere anche in sede disciplinare mitigando anche le conseguenze sanzionatorie di condotte tenute nei confronti di commilitoni.

Non resta che attendere le prime applicazioni giurisprudenziali per verificare se, concretamente, tale significativa novità normativa sia in grado di incidere anche nell’ambito della giustizia militare e dell’ordinamento militare.