prova del danno da mobbing: utilizzabilità files “audio”

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  Il danno da demansionamento  e il danno da mobbing costituiscono due disitnte situazioni giuridiche: il mobbing, diversamente dal demansionamento, è caratterizzato dall’esistenza di un intento persecutorio da parte del datore di lavoro, intento che deve formare oggetto di dimostrazione da parte di chi rivendica il danno subìto, fermo restando che il demansionamento, qualora provochi danni morali e professionali, dà diritto al risarcimento indipendentemente dalla ulteriore sussistenza del mobbing .          La condotta illecita di mobbing non è ravvisabile quando sia assente la sistematicità degli episodi, ovvero i comportamenti su cui viene basata la pretesa risarcitoria siano riferibili alla normale condotta del datore di lavoro, funzionale all’assetto dell’apparato amministrativo (o imprenditoriale nel caso del lavoro privato), o, infine, quando vi sia una ragionevole ed alternativa spiegazione al comportamento datoriale .          I file audio (id est, le registrazione) possono costituire elementi probatori oggetto di prudente apprezzamento dal parte del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ.      Per ritenere provato un danno da dequalificazione professionale il giudice di merito deve procedere , ad una precisa individuazione dei fatti che assume idonei e rilevanti ai fini della dimostrazione del fatto ignoto, alla stregua di canoni di probabilità e regole di comune esperienza. Analogamente è a dirsi per la prova degli elementi costitutivi del mobbing, tenendo presente che, nel rapporto d’impiego pubblico, esso si sostanzia in una condotta del datore di lavoro (o del superiore gerarchico) “complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente nell’ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica; pertanto, ai fini della configurabilità della condotta lesiva da mobbing, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati in particolare: a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio; b) dall’evento lesivo della salute psicofisica del dipendente; c) dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore; d) dalla prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio unificante i singoli fatti lesivi, che rappresenta elemento costitutivo della fattispecie”. Distinguendo, sul piano probatorio, le fattispecie di danno, possiamo osservare che: a) quanto al “danno da demansionamento”, sebbene l’obbligo del datore di lavoro di adibire il lavoratore alle mansioni rispondenti alla categoria attribuita o a mansioni equivalenti a quelle da ultimo svolte abbia natura contrattuale, tuttavia il contenuto del preteso demansionamento va comunque esposto nei suoi elementi essenziali dal lavoratore che non può, quindi, limitarsi genericamente a dolersi di essere vittima di un illecito, ma deve almeno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il giudice amministrativo, anche con i suoi poteri officiosi, possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di una condotta illecita; ciò, peraltro, sul presupposto che l’illecito di demansionamento non è ravvisabile in qualsiasi inadempimento alle obbligazioni datoriali bensì soltanto nell’effettiva perdita delle mansioni svolte . b) quanto al “danno da mobbing”, il lavoratore non può limitarsi, davanti al giudice, a dolersi genericamente di essere vittima di un illecito (ovvero ad allegare l’esistenza di specifici atti illegittimi), ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il giudice amministrativo possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione . Deve essere tra l’altro ricordata la possibilità di utilizzo – ai fini probatori – secondo la giurisprudenza della cassazione della ripresa audio e/o di quella visiva. L’ammissione, quale mezzo di prova, del file audio è prevista dall’art. 2729 cod. civ., secondo cui “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”. Questo in concreto – per il superiore che abusi dei suoi poteri – potrebbe risolversi in una prova a carico ( in suo danno) insuperabile.