Un graduato al fine di sottrarsi ad un servizio di pattugliamento da svolgersi a cavallo di un giorno festivo, simulando i sintomi di un malessere, otteneva dal proprio medico curante un certificato con prognosi di gg.3.
All’esito delle indagini il P.m. militare, accertata la simulata infermità del militare, lo rinviava a giudizio per il reato di cui all’art. 159 c.p.m.p. per il reato di simulata infermità che punisce ” il militare che simula infermità o imperfezioni, in modo tale da indurre in errore isuoi superiori o altra Autorità militare, è punito con la reclusione militare fino a tre anni, se la simulazione è commessa al fine di sottrarsi all’obbligo del servizio militare e con la reclusione militare sino ad un anno se la simulazione è commessa per sottrarsi ad un particolare servizio di un Corpo, di un’Arma e di una Specialità”.
Recatosi dall’avvocato militare il graduato chiede suggerimenti per difendersi da tale accusa.
Sul punto, osserva l’avvocato militare, la condotta simulatoria è mossa dall’intenzione di di sfuggire ” ad una singola prestazione di un particolare servizio” , e non già al servizio nella sua globalità.
Correttamente, anche come osservato in precedenti della giurisprudenza penale militare, il reato che si configura è quello meno grave di cui all’art. 161 c.p.m.p. che punisce ” il militare che, al fine di sottrarsi all’adempimento di alcuno dei doveri inerenti al servizio, in qualsiasi modo si rende inabile al detto adempimento, ovvero simula un’infermità o un’imperfezione, è punito con la reclusione militare sino a sei mesi”.
Nel caso di specie, non essendovi stata richiesta di procedimento ( quale condizione di procedibilità dell’azione penale) da parte del Comandante di Corpo entro i termini previsti dalla legge ( un mese ex art. 260 c.p.m.p. per tutti i reati puniti sino a sei mesi di reclusione) il militare deve andare assolto non essendo ipotizzabile alcun reato procedibile di ufficio.