Un sottoufficiale della Marina militare è stato condannato con sentenza definitiva per il reato di furto militare: nella specie trattavasi di carburante sottratto a mezzo militare.
All’esito della commissione di inchiesta e del relativo giudizio disciplinare il medesimo viene rimosso dal grado e congedato dal servizio.
Rivoltosi all’avvocato militare intende verificare la possibilità di ricorrere contro quella che appare una sanzione particolarmente sproporzionata.
Osserva l’avvocato militare che per qualsiasi dipendente (anche per il militare che abbia prestato il giuramento di fedeltà), un isolato comportamento illecito può giustificare la misura disciplinare estintiva del rapporto di lavoro, quando si possa ragionevolmente riconoscere che i fatti commessi siano tanto gravi da manifestare l’assenza delle doti morali, necessarie per la prosecuzione dell’attività lavorativa.
Per il principio della graduazione delle sanzioni e tenuto conto delle regole riguardanti la recidiva (per le quali i fatti acquistano una maggiore gravità, in quanto commessi dal dipendente già incorso in una precedente sanzione), l’Amministrazione non può considerare automaticamente giustificata l’estinzione del rapporto di lavoro per il solo fatto che il dipendente abbia commesso per la prima volta un reato doloso.
In sede disciplinare, infatti, deve esservi la specifica valutazione dei fatti accaduti, poiché la loro lievità può giustificare una sanzione diversa da quella massima (salve le più severe valutazioni, in presenza dei relativi presupposti, se il dipendente commetta ulteriori reati): altrimenti opinando, qualsiasi reato doloso potrebbe essere posto a base della misura disciplinare del rapporto di lavoro, ciò che non si può affermare, in considerazione della prassi amministrativa e del principio di proporzionalità, affermatosi nella pacifica giurisprudenza.