non c’è reato di diserzione ( art. 148 c.p.m.p.) se l’allontanamento è autorizzato dal Comando

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 Un militare è raggiunto da una richiesta di rinvio a giudizio per diserzione.
L’imputazione si fonda sul presupposto che lo stesso aveva chiesto una licenza per motivi di salute per eseguire una terapia ( nel caso di specie anche di natura chirurgica) poi non eseguita , almeno in parte.
La questione – affrontata in altre occasioni dalla Suprema Corte – riguarda anche i rapporti tra il reato di simulazione di infermità e quello di diserzione.
Nel caso di specie peraltro il militare potrà essere assolto: infatti l’esistenza del provvedimento di autorizzazione all’allontanamento dalla sede di servizio, esclude il reato di diserzione.
Al riguardo appare opportuno citare un precedente ( recente):
“…….Quanto al secondo profilo e segnatamente alla valutazione probatoria della certificazione relativa all’inesistente intervento chirurgico (programmato ma non eseguito), la Corte richiama i precedenti giurisprudenziali con cui sono stati esaminati i rapporti tra il reato di simulazione di infermità e quello di diserzione, rilevando che quest’ultimo non è configurarle in presenza di un provvedimento dell’autorità militare di dispensa dal servizio, anche quando esso sia viziato dal reato di simulazione (Cass., Sez. 11^, 6 marzo 2001, Ambrosio, rv. 218915). La soluzione deve essere condivisa, in quanto trova base giustificativa nella struttura del reato di diserzione. Invero, premesso che, conformemente alla previsione dell’art. 148 c.p.m.p., n. 1, all’imputato è stato contestato la condotta di non aver fatto rientro al corpo rimanendo assente senza giustificato motivo, giustificazione come appena detto viceversa documentalmente provata, l’espediente della simulazione di un intervento chirurgico in realtà mai eseguito, non consente di ritenere venuta meno la giustificazione dell’assenza stessa”.