T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, 15-12-2009, n. 1303 Intestazione – PQM Svolgimento del processo e motivi della decisione Con atto notificato il 2 aprile 2004 e depositato il 3 maggio 2004, il sig. A. – Maresciallo Aiutante Superiore dei Carabinieri, in servizio fino al 20 febbraio 2004 presso la Direzione Investigativa Antimafia, Centro operativo di Reggio Calabria – impugna il decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa – di numero e data sconosciuti (n. 555/848/PERS. DIA del 20 gennaio 2004)- di revoca, con decorrenza 20 febbraio 2004, della sua assegnazione alla Direzione Investigativa Antimafia e di sua restituzione all’amministrazione di appartenenza e la conseguente assegnazione alla Squadra Comando Nucleo Operativo dei Carabinieri di Reggio Calabria. Impugna pure tutti gli atti infraprocedimentali ed in particolare la nota 13 novembre 2003 n. 125/PERS/1586/2003, della DIA – Ufficio personale, indirizzata al Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, che propone di rimettere il ricorrente nella disponibilità dell’amministrazione di appartenenza, gli appunti decisionali, la nota n. 125/PERS/103/2004 del 19 gennaio 2004 e il messaggio 18 febbraio 2004, di comunicazione della revoca dell’assegnazione alla DIA. Chiede altresì la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno causatogli dall’atteggiamento persecutorio tenuto nei suoi riguardi, mediante emanazione di atti illegittimi. Il Maresciallo A. (in servizio nella Regione Calabria dal 1972 e presso la Dia dal 1992) fa presente di avere più volte inutilmente richiesto – negli ultimi anni – il trasferimento a Messina e di avere al riguardo conferito (15 aprile 2003) con il Dirigente dell’Ufficio del personale della DIA. A seguito di tale colloquio è stata irrogata al ricorrente la sanzione del rimprovero – per aver mantenuto un atteggiamento non formale, suscitando il disappunto del superiore gerarchico – a suo tempo oggetto di impugnazione. Il ricorrente ha poi avanzato richiesta di assegnazione di un alloggio di servizio del complesso Kalamon, che il Direttore del Centro (nota n. 7190 del 23 luglio 2003) ha considerato irricevibile, rilevando che non erano stati pubblicati bandi di gara relativi alla categoria Ispettori. Alla richiesta di accesso avanzata dal ricorrente l’amministrazione ha replicato escludendo il suo interesse all’accesso degli atti relativi alla concessione di alloggi di servizio per la categoria funzionari / ufficiali ed esecutivi. Anche tale diniego è stato oggetto di separata impugnativa. Successivamente, il ricorrente ha ricevuto l’avviso di avvio del procedimento di restituzione all’amministrazione di appartenenza, motivata con il suo cagionevole stato di salute, non compatibile con il servizio presso la DIA. E’ stata da ultimo decisa l’impugnata restituzione del ricorrente all’amministrazione di provenienza, avverso cui Egli fa valere il seguente, articolato, motivo unico: Eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità e sviamento. Difetto di motivazione. Il provvedimento impugnato sarebbe solo l’ultimo atto di “una serie di persecuzioni cui è stato oggetto il Mar. A. nell’ultimo anno”. Allo stesso è infatti stato negato il trasferimento a Messina, accordato invece ad altri colleghi di pari grado meno anziani. Dopo il colloquio con il Dirigente del personale gli è stato irrogato un rimprovero. La richiesta di assegnazione di alloggio di servizio è stata dichiarata irricevibile e le deduzioni presentate dal ricorrente sul suo stato di salute, non ritenute conferenti ai fini del chiesto trasferimento, sono state utilizzate per disporne la restituzione all’amministrazione di appartenenza. Il ricorrente conclude per l’accoglimento del ricorso, con annullamento degli atti impugnati e condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno da mobbing. Per le amministrazioni intimate si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato ed ha sostenuto, anche con successiva memoria, la piena legittimità dei provvedimenti impugnati, chiedendo la reiezione del gravame. Con istanza di prelievo depositata il 15 marzo 2006, la difesa erariale ha reso noto al collegio che il Maresciallo A. è cessato dal servizio per infermità con decorrenza dal 14 aprile 2005, giusta decreto del Ministero della difesa – Direzione generale per il personale militare, II Reparto, V Divisione, n. 2439 del 28 luglio 2005, non impugnato. La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 4 novembre 2009. Va in primo luogo rilevato che la cessazione dal servizio del ricorrente, conseguente all’accertamento medico legale della sua permanente non idoneità al servizio militare incondizionato, determina evidentemente la sopravvenuta carenza di interesse del medesimo alla decisione delle domande impugnatorie avanzate con il presente ricorso. Esse infatti attengono ai provvedimenti che stabiliscono dove il ricorrente debba prestare servizio, sicché il suo successivo collocamento in congedo assoluto esclude che Egli possa trarre beneficio alcuno dall’annullamento dei provvedimenti stessi. Il ricorso in esame va dunque, per la parte che concerne dette domande annullatorie, dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, ex art. 100 cod. proc. civ. La domanda di risarcimento del danno da mobbing, pure avanzata con il presente ricorso, è invece infondata. Occorre al riguardo osservare che il cosiddetto “danno da mobbing” consiste in una condotta del datore di lavoro sistematica e protratta nel tempo, connotata dal carattere della persecuzione, finalizzata all’emarginazione del lavoratore ed idonea a concretare una lesione dell’integrità psicofisica e della personalità del prestatore. La sussistenza di tale lesione scaturisce da una valutazione complessiva degli episodi lamentati dal lavoratore che deve tenere conto, da un lato, dell’idoneità offensiva della condotta datoriale (come desumibile dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione) e, dall’altro, della connotazione univocamente emulativa e pretestuosa della richiamata condotta. Ne consegue che la ricorrenza di un’ipotesi di condotta mobbizzante deve essere esclusa quante volte la valutazione complessiva dell’insieme di circostanze addotte (ed accertate nella loro materialità), pur se idonea a palesare singulatim elementi ed episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di verosimiglianza, il carattere unitariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro (C.S., VI, 1 ottobre 2008, n. 4738). E’ quanto si verifica, per l’appunto, nella fattispecie in esame, in cui il ricorrente lamenta in sostanza che l’amministrazione – dopo aver disatteso la domanda di trasferimento e punito con un rimprovero la “vivace” insistenza – ha disposto la sua restituzione al servizio ordinario d’istituto per ragioni di salute, denunciate come pretestuose. Appare in proposito assorbente il rilievo che dette ragioni – poste a base del provvedimento che costituisce la principale “lesione” lamentata dal ricorrente – erano invece realmente sussistenti, tanto che hanno successivamente determinato la cessazione del servizio del Mar. A. per inidoneità permanente (v. sopra), non contestata dall’interessato. Il ricorso in esame, nella parte in cui richiede il risarcimento del danno da mobbing va, quindi, rigettato. Sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa