La norma attualmente in vigore, che ha trovato applicazione da parte dei giudici, per la tutela di situazioni di mobbing è l’art. 2087 del codice civile.
Il datore di lavoro ( cioè l’Amministrazione Militare) deve tutelare la piena integrità fisica e psichica del lavoratore, dovendo intervenire per prevenire e reprimere tutte quelle condotte dei superiori gerarchici che possano ledere i diritti del militare subordinato.
Il termine di prescrizione ( per far valere il diritto al risarcimento del danno) è dunque di 10 anni.
Il mobbing – pur potendosi concretare in atti o provvedimenti amministrativi ( dunque da annullare in via giudiziaria) – spesso si presenta come pluralità di condotte fattuali: in quanto contraddistinto da finalità di persecuzione e discriminatoria, occorre fornire la prova ( per singolo episodio) degli atti vessatori e quindi dell’intento persecutorio.
La condotta del superiore gerarchico deve essere dimostrata per la sistematicità e per la sua durata nel tempo.
Il giudice – vi sono dei precedenti sul punto – può provvedere alla liquidazione del danno pur in mancanza di un accertamento medico -legale ritenendolo provato sulla base del fatto notorio, riferendosi a ciò che è talmente risaputo da ritenersi provato implicitamente.