Missioni ONU: spettano ai militari partecipanti i benefici combattentistici?

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Con recente sentenza la Corte Costituzionale  – ha sottolineato che, in ogni caso, non può evincersi l’equiparazione – proposta dal Tar del Friuli – tra le guerre e le missioni di pace sotto il profilo dei rischi mortali egualmente presenti in entrambe le situazioni.
Invero, oltre alla presenza di rischi mortali (rischi che nelle missioni ONU il legislatore, di recente, ha peraltro pensato di compensare graduando gli emolumenti e le indennità a seconda del teatro operativo e degli obiettivi della missione), deve comunque valutarsi come differente la situazione di una partecipazione di limitati contingenti di soldati professionisti in missioni svolte in territorio estero rispetto a quella di «guerre» o «crisi internazionali» che impongono addirittura il ricorso alla leva obbligatoria generalizzata. Già alla stregua di questa sola (assorbente) considerazione potrebbe ravvisarsi come giustificata la scelta del legislatore di non estendere tout court ai militari impegnati in missioni ONU tutti i benefici combattentistici, quali essi siano. Del resto, la stessa giurisprudenza costituzionale ha, in precedenza, già riconosciuto la piena discrezionalità del legislatore nazionale nella volontà di non estendere (altri) benefici combattentistici riservati ai soli partecipanti a veri e propri fatti di guerra ai partecipanti alle operazioni di polizia coloniale, le quali, per essere tese alla reintegrazione ed al mantenimento dell’ordine pubblico interno nel territorio soggetto alla sovranità dello Stato e non dirette contro uno Stato straniero, non potevano assimilarsi alle operazioni belliche (cfr. sentenza n. 509 del 1988).