militari : il ritiro cautelativo dell’arma deve essere convalidato comunque dal Prefetto

Condividi questo articolo

Facebook
Twitter
LinkedIn
Telegram
WhatsApp

Un caso di recente valutazione ( tutt’altro che infrequente…..) ha riguardato un militare appartenente alle forze dell’ordine la cui pistola in dotazione è stata ritirata dall’Amministrazione ai sensi dell’art. 728 d.p.r. 90/2010 ( comportamento nei confronti dei militari in grave stato di alterazione).

Orbene – a norma di legge – tale ritiro non può che essere transitorio e limitato ad un’esigenza di immediato intervento.

In questi casi spesso – per la mia esperienza – l’Amministrazione non restituisce più l’arma al militare in assenza di ulteriori provvedimenti .

Ciò è gravemente lesivo dei diritti del militare ( che a distanza di tempo magari sarà ritenuto idoneo al servizio militare…): in questi casi la prassi – conforme a legge – sollecitata da questo studio è quella di chiedere  un intervento del Prefetto che validi ai sensi dell’art. 39 del regio decreto n.773/1931 ( T.u.l.p.s.) il divieto di detenzione dell’arma .

In assenza di tale provvedimento la mancata restituzione dell’arma potrebbe configurare anche il reato di abuso di ufficio ex art. 323 c.p.: la necessità del provvedimento – in tal senso – tutelerà anche il militare che comunque, in caso di diniego , potrà certamente ricorrere al Tar contro l’atto del Prefetto con maggiori spazi di tutela ( anche avverso condotte di ritiro dell’arma rientranti in azioni ” mobbizzanti”)