mancata ammissione al s.p.e. e/o proscioglimento dalla ferma volontaria: rimedi contro le illegittimità

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Un militare in ferma volontaria, per motivi riconducibili a pregressi comportamenti attinenti la sfera disciplinare viene prosciolto ed indi non ammesso al servizio permanente.
Recatosi dall’avvocato militare intende valutare la fattibilità di un ricorso al Tar, previa contestazione dei presupposti di fatto del provvedimento nonche della logicità dello stesso e delle conclusioni della P.a.
  In materia – osserva l’avvocato militare – la giurisprudenza ha chiarito che, ai fini della emanazione del provvedimento di ammissione in servizio permanente del militare la legge demanda alla Autorità militare competente una valutazione globale del rendimento della personalità del militare, ivi compresi gli aspetti relativi alla buona condotta, alla attitudine e al rendimento; pertanto, è legittimo il giudizio negativo circa la meritevolezza di detta ammissione, che abbia tenuto conto dei non buoni precedenti disciplinari del militare e di uno sfavorevole rapporto informativo compilato sul suo conto.
In definitiva, la non ammissione al servizio permanente:
1) non costituisce un provvedimento di carattere disciplinare sicché in tale procedimento non trovano applicazione le disposizioni concernenti le sanzioni disciplinari;
2) il provvedimento (e giudizio) di non ammissione è assimilabile in tutto e per tutto a quello di dispensa dal servizio militare per non idoneità a ricoprire gli uffici del grado oltre che per scarso rendimento;
3) il proscioglimento dalla ferma volontaria per inidoneità o per scarso rendimento, così come il giudizio di non ammissione al servizio permanente comportano un giudizio ampiamente discrezionale sulle prestazioni e sul comportamento del militare, giudizio finalizzato ad accertare se il soggetto sia o meno idoneo a disimpegnare col normale rendimento le relative attribuzioni (così, Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2006, n. 210);
4) gli episodi della vita professionale presi in considerazione ai fini del proscioglimento non sono esclusivamente apprezzabili nell’ottica disciplinare, ben potendo esprimere il disvalore morale, attitudinale e la scarsa qualità delle prestazioni lavorative rese durante l’espletamento del servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2006, n. 610).
Fermo quanto sopra e sotto il profilo della valutazione contenuta nel giudizio espresso dalla commissione, va ricordato il costante orientamento del giudice amministrativo che, pur consapevole dell’ampia discrezionalità che supporta i giudizi valutativi riguardanti il personale militare, ritiene che tale valutazione non esula dal sindacato giurisdizionale di legittimità, essendo rimesso al giudice amministrativo il compito di ricercare la coerenza generale del metro valutativo adoperato per il candidato, anche con riferimento alle valutazioni espresse nei confronti degli altri scrutinati (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 marzo 1997 n. 239 e 18 marzo 1997 n. 256), nonché di censurare l’operato della commissione se tale coerenza manca, non potendo mai l’agire della Pubblica amministrazione essere considerato illimitato o comunque insindacabile in sede di legittimità (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 1996 n. 1127).