libera manifestazione del pensiero per i militari : il CDS censura il Ministero della Difesa e annulla il provvedimento disciplinare di stato espulsivo

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Significativa sentenza del supremo organo di giustizia amministrativa in materia di libertà sindacale militare.

Con sentenza depositata il 6 giugno u.s. della Seconda Sezione il Consiglio di Stato ha dato ragione ad un militare ( già vincitore in primo grado) che aveva impugnato il provvedimento di rimozione dal grado in sede disciplinare motivato – a detta dell’A.D. – dall’aver esternato in plurime occasioni a più Autorità ed Istituzioni valutazioni offensive del prestigio delle Forze Armate così travalicando ( si legge nell’atto di rimozione dal grado per motivi disciplinari) il confine del diritto di critica.

La sentenza in realtà è apprezzabile – per il suo spirito liberal – garantistico – in ragione dell’aderenza ai precetti costituzionali che devono orientare anche l’operato del datore di lavoro laddove si confronti con il libero esercizio del diritto di critica ( sindacale).

Nel caso di specie l’assunto era l’aver esternato l’incolpato – quale Presidente di un’associazione sindacale – la responsabilità delle Istituzioni per l’elevato numero di suicidi nelle forze armate .

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello dell’Avvocatura dello Stato confermando l’assunto del giudice di primo grado che già aveva annullato la sanzione disciplinare espulsiva della rimozione dal grado ritenendola sproporzionata .

Tuttavia l’aspetto forse più interessante contenuto nella sentenza riguarda la necessità che l’ A.D. sospenda l’esito del giudizio disciplinare in attesa della definizione del parallelo giudizio penale.

Motivano infatti i giudici amministrativi nel senso che la c.d. pregiudiziale penale sia legittima , ovvero quanto mai opportuna ( e necessaria) alla luce della disciplina di cui all’art. 1393 C.O.M. nei casi in cui “….il procedimento disciplinare ….( riguardi) casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al militare…..non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare…..riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio”.

In questo senso anzi il Consiglio di Stato afferma che la complessità dell’accertamento non riguarda soltanto in senso naturalistico l’accadimento dei fatti e l’attribuibilità in termini causali alla condotta del militare ma anche l’esatta qualificazione giuridica dei fatti stessi.

In sostanza laddove – come nel caso di specie – sia l’Autorità Giudiziaria ordinaria che quella militare aprano distinti procedimenti penali ( per lo stesso fatto) al punto che la segmentazione degli stessi costituisce di per sè riprova della complessità dell’accertamento giudiziale.

Analogamente deve ritenersi ( anche questo è un principio assai rilevante per le sue ricadute applicative….) che le condotte astrattamente commesse nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio portino l’A.D. al rischio di addivenire ad una valutazione ” viziata” potendo essa stessa ritenere i fatti connessi ai doveri di ufficio ed il giudice penale invece sconfessare tale qualificazione .

La norma della c.d. pregiudiziale penale dunque mira ad evitare conflitti di giudicati riconducendo a razionalità l’intero sistema sanzionatorio penale e disciplinare.

Residua certo per i giudici amministrativi la possibilità che la condotta comunque – pur non giustificando una sanzione ” espulsiva” di stato possa comunque costituire illecito disciplinare ” minore” potendosi – almeno in astratto – giustificare l’irrogazione al militare di una sanzione disciplinare di corpo all’esito di una nuova rivalutazione dei fatti da parte dell’ A.D.

Una sentenza che costituisce dunque un approdo sicuro per l’interprete ed una forma di ulteriore garanzia per il militare incolpato.