Le cause ostative al ” reclutamento” non si applicano quando il militare abbia fatto domanda di transito in ” spe”

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Il caso affrontato dal Consiglio di Stato è particolarmente interessante perchè statuisce che le cause ostative al ”  reclutamento” ( ed automatiche ) di cui all’art. 635 del C.O.M. non si applicano al diverso caso del transito del militare in servizio permanente e quindi alla diversa situazione dell’ ” immissione in ruolo”: in questo caso infatti si applica l’art. 704 del C.O.M. che escludendo ogni automatismo rimette all’ Amministrazione la valutazione della gravità del titolo di  reato e del fatto per cui è processo.

 La ragione dell’esclusione è consistita nell’essere stata l’interessata, al tempo della presentazione della domanda per la partecipazione alla procedura per l’immissione nel ruolo del servizio permanente, “imputata in un procedimento penale per delitto non colposo”.

b) Tale evenienza è stata ritenuta, da parte dell’Amministrazione di appartenenza, significativa del mancato possesso del requisito previsto dal paragrafo 3, sottoparagrafo a, 7 alinea della circolare n. MD GMIL REG2017 0460234 del 14 agosto 2017, a sua volta applicativo del disposto di cui all’art. 635, comma 1, lettera g) del Codice dell’ordinamento militare.

c) Il reato di cui è stata imputata l’interessata è procedibile soltanto a querela di parte.

d) La querela è stata rimessa nelle more della definizione della procedura de qua, e precisamente prima della formazione della graduatoria di merito.

e) Successivamente alla formazione della menzionata graduatoria, è stata emessa la sentenza del giudice penale, ricognitiva della sopravvenuta mancanza della condizione di procedibilità e dichiarativa dell’estinzione del reato.

f) La Sezione richiama, anche ai sensi degli artt. 74, comma 1, e 88, comma 2, lett. d), del cod. proc. amm., il consolidato indirizzo ermeneutico seguito dalla giurisprudenza amministrativa in materia di applicazione del cit. art. 635. (v. Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 652 del 2019, che a sua volta richiama le sentenze n. 5012 del 2018; n. 2284 del 2018; n. 2753 del 2016; n. 4495 del 2014).

g) In considerazione dei menzionati precedenti, va condivisa l’impostazione esegetica in base alla quale:

g.1) l’art. 635, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui prevede il requisito il requisito generale del “non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionatamente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”, ha un ambito oggettivo di applicazione ben delimitato, e cioè il “reclutamento nelle Forze armate”;

g.2) l’immissione nel ruolo del servizio permanente è disciplinata dall’art. 704 del medesimo Codice, che dispone che “al termine della ferma prefissata quadriennale ovvero di ciascun anno delle rafferme biennali, i volontari giudicati idonei e utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente con le modalità stabilite con decreto del Ministero della difesa”;

g.3) l’ammissione alla ferma prefissata quadriennale ovvero alla rafferma biennale rientra nel concetto di “reclutamento”, con la conseguente applicazione degli automatismi espulsivi previsti dall’art. 635 cit., mentre il passaggio al “servizio permanente” appartiene all’omogeneo, ma diverso, concetto di “immissione nel ruolo”, con la conseguente non automatica applicazione delle cause di esclusione previste dall’art. 635, comma 1, lett. g), del Codice dell’ordinamento militare;

g.4) la ratio iuris della distinzione, dalla quale dipende il diverso regime giuridico dell’operare delle cause di esclusione (vincolato ed ope legis per l’ammissione del volontario alla ferma o alla rafferma; discrezionale e rimesso alla valutazione dell’Amministrazione di appartenenza per il volontario che aspira al passaggio nel servizio permanente), riposa sulla sostanziale irragionevolezza della equiparazione tra situazioni giuridiche diverse, meritevoli di un trattamento giuridico diverso. Sarebbe in altri termini irragionevole, per i militari che – come l’odierna appellante – aspirano al passaggio in ruolo, precludere definitivamente la prosecuzione del rapporto di servizio e lavorativo già avviato, per la semplice pendenza di un procedimento penale, senza esaminare in concreto le situazioni relative alla gravità dei fatti e alla definitività dell’accertamento penale.