incompatibilità ruoli lavorativi: quando si configura il reato di truffa militare

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Un sottoufficiale della G.d.F., senza comunicare alcunchè alla propria amministrazione, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, viene assunto mediante regolare contratto a tempo indeterminato, da uno studio di consulenza legale e tributaria percependo per la sua attività un regolare compenso quale lavoratore dipendente.
All’esito di una compiuta indagine la Procura Militare contesta allo stesso il reato di truffa militare aggravata e continuata, ipotizzando che per detta attività lavorativa ( non conosciuta dall’amministrazione) il militare abbia percepito dall’amministrazione una retribuzione ingiusta e conseguentemente un profitto ingiusto.
L’assunto accusatorio muove dal presupposto, chiaramente, dell’assoluta incompatibilità tra la prestazione lavorativa svolta come dipendente pubblico e quella svolta privatamente.
Sul punto osserva l’avvocato militare i principi dell’ordinamento sono chiari: sia il T.U. sull’impiego civile che il T.U. sull’ordinamento militare vietano l’attività lavorativa privata quando la stessa sia continuativa e retribuita.
E’ ammessa una deroga ( anche per la retribuzione) unicamente ove la detta attività sia compatibile con il ruolo svolto e naturalmente assentita dall’amministrazione che ne abbia valutato i profili di opportunità e liceità.
Chiaramente non è questo il caso di cui ci occupiamo dove ( come in un caso analogo) la posizione di incompatibilità del militare deriva evidentemente dalla sua qualifica e dalla sua funzione trattandosi peraltro di ufficiale di polizia tributaria in potenziale conflitto di interessi con i clienti seguiti privatamente dallo studio professionale di appartenenza.
Appare pertanto molto rischiosa la posizione processuale del militare che pur non avendo ( lecitamente) comunicato alla propria amministrazione il perseguimento del titolo di studio, ha omesso di comunicare l’insorgere di un rapporto di lavoro retribuito potenzialmente incompatibile.
Sul punto le conseguenze dannose sono molteplici: il rischio immediato di essere chiamato ad optare per quale lavoro svolgere e comunque, permanendo il rapporto di pubblico impiego, il rischio della rimozione dal grado quale effetto eventuale del giudizio penale di condanna ( come pena accessoria) o comunque quale conseguenza del giudizio disciplinare in via autonoma ( trattandosi di reato in astratto punito con la rimozione dal grado).