illegittima la sanzione irrogata dal Comandante in conflitto di interesse

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Il Consiglio di Stato prende nuovamente posizione sul caso dell’irrogazione di una sanzione di corpo da parte di un comandante in conflitto di interessi con il subordinato.

La disciplina prevista dal COM indica la competenza all’adozione dei provvedimenti sanzionatori, che, per la consegna, è attribuita al comandante del reparto presso il quale il militare che subisce la punizione presta servizio, senza ulteriori specificazioni.

Peraltro, ritiene il Collegio ( ndr . Il Consiglio di Stato) che anche tali previsioni dell’ordinamento militare non possano fare venire meno l’applicazione dei principi generali dell’ordinamento ed in particolare dei procedimenti sanzionatori e disciplinari, le cui norme generali devono dunque ritenersi prevalenti su quelle specifiche della disciplina militare.

Ciò del resto trova conferma nelle stesse disposizioni sopra indicate che richiamano anche per l’ordinamento militare i principi generali dei procedimenti sanzionatori ( cfr. art. l5 comma 1 della L. n. 382 del 1978 , per cui “nessuna sanzione disciplinare di corpo può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che siano state sentite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato”; rispetto del principio di legalità in base all’art. 13 di detta legge, pur temperato per le sanzioni cd. di corpo dal rinvio al Regolamento di disciplina militare).

Ne deriva che, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, la competenza attribuita al comandante del reparto non può ritenersi a tal punto tassativa da dovere essere effettivamente conservata anche nei casi in cui sia egli stesso la persona offesa dei comportamenti del militari astrattamente rientranti nella fattispecie sanzionatoria, pena la violazione del principio generale dell’imparzialità direttamente derivante dall’art. 97 della Costituzione.

Nel caso di specie, la sanzione della consegna è stata irrogata per la violazione dei doveri previsti dall’art. 36 della Regolamento di disciplina militare, in particolare ai sensi della lettera a), per cui il militare deve “-OMISSIS-“. In particolare, per avere espresso “giudizi ed apprezzamenti non confacenti alla dignità e al decoro, lesivi della personalità” proprio nei confronti del comandante che ha inflitto la sanzione.

Ritiene, dunque, il Collegio che debba farsi applicazione dell’orientamento giurisprudenziale già espresso da questo Consiglio per cui va ravvisata la violazione dell’art. 97, primo comma, della Costituzione, quando l’Autorità che abbia irrogato la sanzione disciplinare coincida con il soggetto che sia stato leso dal comportamento del dipendente ed abbia contestato gli addebiti.

In tal caso, non si può ritenere rispettato il principio di terzietà e di obiettività dell’azione amministrativa; l’espressa attribuzione della competenza al superiore non impedisce che la sanzione venga irrogata da altro soggetto appartenente al medesimo ufficio dall’autorità superiore (Consiglio di Stato Sezione, III, 26 settembre 2019, n. 6460; VI, 2 agosto 2006, n. 4722).

Tali principi devono essere ribaditi anche con riferimento alle sanzioni disciplinari cd. di corpo, per cui vi è una sostanziale libertà di forme del procedimento, che è comunque configurato come un procedimento di natura disciplinare in cui devono essere previamente contestati gli addebiti.

Il principio di imparzialità, sancito dall’art. 97 Cost., di cui l’obbligo di astensione, tipizzato dall’art. 51 c.p.c., rappresenta un corollario, assume portata generale, sicché le ipotesi di astensione obbligatoria non sono tassative, e come tali da interpretarsi restrittivamente, ma piuttosto esemplificative di circostanze che mutuano l’attitudine a generare il dovere di astensione direttamente dal superiore principio di imparzialità, che ha carattere immediatamente e direttamente precettivo (Consiglio di Stato, VI, 24 luglio 2019, n. 5239). L’obbligo di astensione rinviene la sua ragione giustificativa nel pieno rispetto del principio costituzionale del buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97 della Costituzione, posto a tutela del prestigio della pubblica amministrazione e che non tollera alcun tipo di compressione (Consiglio di Stato, Sez. II, 21 ottobre 2019 n. 7113).

Tali orientamenti non possono non trovare applicazione anche rispetto all’ordinamento militare ed in particolare nei procedimenti sanzionatori, considerato anche che la consolidata giurisprudenza ritiene che l’individuazione della sanzione applicabile in ragione dell’illecito disciplinare nonché la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati costituisca, nell’ambito delle indicazioni fornite dal legislatore, espressione di un potere discrezionale dell’Amministrazione, censurabile da parte del giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità, solo per difetto di motivazione ovvero per eccesso di potere per illogicità o irragionevolezza, escludendo ogni sostituzione e/o sovrapposizione di criteri valutativi diversi (Cons. Stato, Sez. IV, 28 ottobre 2019, n. 7335; id., 9 marzo 2018, n. 1507; id., 22 marzo 2017, n. 1302).

Costituisce principio generale per l’esercizio di un potere amministrativo, in particolare discrezionale, l’imparzialità del soggetto che adotta il provvedimento finale.

Deve, infatti, essere richiamato l’art. 6 bis della L. 7 agosto 1990, n. 241, inserito dall’art. 1, comma 41, della L. 6 novembre 2012, n. 190, non immediatamente applicabile alla presente fattispecie, ma utile quale ausilio interpretativo dell’ambito di estensione del principio di imparzialità, per cui “il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

Inoltre, nel caso di specie, le concrete circostanze di fatto denotavano non una offesa dovuta ad un impulso momentaneo, ma una situazione complessa della quale il militare aveva interessato il Ministero della difesa- direzione generale per il personale militare con esposti propri relativi ai rapporti tra lui e il comandante e nel corso della quale sarebbero state espressi i “giudizi ed apprezzamenti non confacenti alla dignità e al decoro”, lesivi della personalità del detto comandante.