Come enunciato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 350 del 2010, nonché in successive ordinanze, l’art. 17, comma 30 ter, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, va inteso nel senso che le Procure della Corte dei conti possono esercitare l’azione per il risarcimento del danno all’immagine solo per i delitti di cui al Capo I del Titolo II del Libro Secondo del codice penale. Tale principio costituisce, infatti, una scelta non arbitraria del legislatore finalizzata a circoscrivere i reati da cui può derivare il “vulnus” all’immagine della P.A., in relazione alla percezione esterna che si ha del modello di azione pubblica ispirato ai principi e ai canoni che trovano la loro tutela ultima nell’art. 97 della Costituzione, con la conseguenza che, fuori da tale ambito, ogni estensione dei casi previsti dalla normativa in rassegna appare arbitraria.