Il caso recentissimo trattato dalla Corte di Cassazione è quello di un graduato imputato e condannato per il reato di disobbedienza ( art. 173 cpmp) perchè ritenuto in servizio alle armi veniva ritenuto responsabile – seppure in aspettativa – di aver disobbedito ad un ordine dei superiori.
La Cassazione annulla la sentenza attraverso una esegesi e ricognizione dell’art. 5 del c.p.m.p. ritenendo che solo gli ufficiali collocati in aspettativa a norma della lett. a) ed i sottoufficiali a norma della lett. b) del predetto articolo possano considerarsi sempre ” in servizio alle armi”.
I militari “considerati in servizio alle armi” sono, invece, quelli identificati dall’ art 5 cod. pen. mii. pace: gli ufficiali in servizio permanente, che siano collocati in aspettativa o sospesi dall’impiego; i sottufficiali di carriera in aspettativa; i militari in stato di allontanamento illecito, diserzione, mancanza alla chiamata o assenza arbitraria dal servizio; i militari in congedo che scontano una pena detentiva militare, o in stato di custodia cautelare in carcere militare per reato soggetto alla giurisdizione militare.
Tali diverse figure di militari si caratterizzano per l’assenza dal servizio effettivo, e al tempo stesso per la permanenza di un legame organico con la Forze armate, che il legislatore ha inteso legittimamente valorizzare, in modo compatibile con la nozione costituzionale di “appartenenza” all’istituzione delineata dall’art. 103 della Carta, ai fini della soggezione al diritto penale militare, materiale e formale.
L’aspettativa “è la posizione di stato del militare temporaneamente esonerato dal servizio per una delle cause previste” dalla legge (art. 884, comma 1, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, recante il codice dell’ordinamento militare).
Essa può conseguire, tra l’altro, ad “infermità temporanee” (art. 884, cit., comma2, lett. b).
L’aspettativa è disposta con provvedimento formale (per gli appuntati dell’Arma dei carabinieri, con decreto del Comandante generale), come prevede l’art. 913, comma 2, cod. ord. mil., ed è tale da incidere sulla posizione di stato. Durante l’aspettativa, infatti, il militare rimane in servizio permanente, ma è fuori dal servizio effettivo, come si ricava dagli artt. 875 (che distingue le due ipotesi), 905, commi 5 e 6 (che regolano il richiamo in servizio effettivo del militare infermo in aspettativa, che torni idoneo al servizio stesso, e specularmente la sua cessazione dal servizio effettivo in caso di persistente inidoneità allo scadere del termine massimo di aspettativa), e913, comma 5, cod. ord. mii. (che, in combinato disposto con l’art. 883, prevede la speciale fattispecie del rientro in servizio “a disposizione”).
4.2. Il militare in aspettativa, quale che ne sia la causa, non è pertanto in attualità di servizio alle armi.
La previsione si riferisce alle situazioni di malattia che, in quanto di entità e/o durata inferiore ai limiti di legge, legittimano la concessione della corrispondente licenza straordinaria dal servizio, prevista dal codice dell’ordinamento militare e dalle relative norme regolamentari.
Il militare in licenza straordinaria per tale causa è sollevato dal servizio durante il periodo della licenza, che tuttavia non modifica la sua posizione di stato, non attenua gli obblighi di servizio (se non nella misura correlata alla momentanea impossibilità di rendere la prestazione lavorativa) e non costituisce mai causa sospensiva della qualità di militare ai fini penali.
Diversa è la posizione del militare in aspettativa, quand’anche quest’ultima sia determinata da ragioni di salute. Lo stato giuridico del militare in aspettativa è inevitabilmente condizionato dal suo allontanamento, ancorché temporaneo, dal servizio effettivo e il codice militare ha avvertito la necessità di regolare in modo apposito, nell’art. 5, la relativa situazione.
L’art. 5cod. pen. mil. pace continua a prevedere, rispetto ai militari per cui manchi l’effettività del servizio in quanto collocati in aspettativa, l’applicazione estensiva della legge penale militare solo a partire dal grado di sottufficiale. La lettera della disposizione è univoca.
Tale ragionamento è valido, a maggior ragione, in ambito penale, ove i citati attributi della legge rispondono anche al principio di stretta legalità sancito dall’art. 25, secondo comma, Cast., e al divieto di applicazione analogica in malam partem delle disposizioni di settore (1 cod. pen., art. 14 disp. prel. cod. civ.), che riguarda sia le disposizioni incriminatrici e le previsioni sanzionatorie (esemplificativamente, v. Sez. 6, n. 38127 del 24/05/2023, Bastardi, Rv. 285274-01; Sez. 4, n.25767 del 18/06/2021, Farah, Rv. 281495-01; Sez. 5, n. 10438 del 07/02/2019, Figlioli, Rv. 276503-01), sia le disposizioni definitorie che fondano le ragioni della punibilità e ne determinano i presupposti (Sez. 5, n. 42309 del 02/05/2016, Clemente, Rv. 268460-01).
Tale conclusione si impone anche alla luce del diritto sovranazionale.
Basti ricordare che la sufficiente determinatezza delle fattispecie penali incriminatrici, e di quelle che ne definiscono la portata, nonché la prevedibilità delle conseguenze applicative, sono valori specificamente tutelati dall’
L’integrazione, in via interpretativa, delle norme delimitative della sfera di applicazione della legge penale militare, a fronte di un dato testuale che espressamente enuclea le categorie in tale sfera ricomprese, lascerebbe la legge stessa esposta a un deficit di chiarezza, precisione e predicibilità degli esiti, che si tradurrebbe in un vizio di qualità avente sicuro rilievo convenzionale.
Al tempo delle condotte imputate il militare non era dunque semplicemente “assente per infermità”. Egli era stato collocato in “aspettativa per infermità”, non era in attualità di servizio (ne costituisce plastica conferma la circostanza che egli avesse riconsegnato la tessera identificativa e l’arma d’ordinanza, come risulta dalla sentenza impugnata) e – ferma la qualità di militare e fermi gli obblighi disciplinari e di dipendenza gerarchica – il suo assoggettamento alla legge penale militare deve essere escluso.