avanzamento degli ufficiali: illegittimità valutazioni CSA ed eccesso di potere in senso assoluto e relativo

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Un Ufficiale superiore giudicato idoneo ma non inserito nel quadro di avanzamento in posizione utile si rivolge all’avvocato  militare per valutare la possibilità di un ricorso al Tar ritenendo illegittima la sua esclusione per mancata considerazione del suo pregresso operato professionale e per insufficiente valutazione dei titoli dallo stesso posseduti rispetto agli altri parigrado anch’essi aspiranti alla promozione. Di seguito il parere dell’avvocato militare :
“Come è noto, l’art. 26 della l. 12 novembre 1955 n. 1137 prescrive che la valutazione per l’avanzamento a scelta degli ufficiali debba essere effettuata sulla base dei seguenti elementi: a) qualità morali e fisiche; b) benemerenze di guerra, comportamento in guerra e qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all’esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, qualora richiesti dalla presente legge ai fini dell’avanzamento, al servizio prestato presso reparti o in imbarco; c) doti intellettuali e di cultura con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami, esperimenti. L’originaria formulazione della disposizione anzidetta è stata, peraltro, integrata per effetto della sopravvenienza normativa di cui all’art. 10, V comma, del D.Lgs. 30 dicembre 1997 n. 490. Nella fase di attribuzione del punto di merito, disciplinata dall’art. 26 della legge da ultimo citata, è stato, per effetto della disposizione da ultimo citata, previsto un ulteriore parametro di valutazione (in aggiunta agli elementi già previsti e di cui alle lettere a), b) e c) del medesimo articolo), distinto dalla lettera d) e rappresentato dall”attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore’. Ne discende, logicamente, che l’attitudine di cui alla lettera d) rappresenta qualcosa di diverso dal complesso delle tre categorie di requisiti già previsti in precedenza dall’art. 26. Se così non fosse, non si comprenderebbe perché il legislatore, introducendo la lettera d), abbia attribuito al requisito in esame un autonomo apprezzamento, con conseguente attribuzione di punto di merito, nettamente distinto e separato dalla valutazione e apprezzamento degli elementi di cui alle tre lettere precedenti. Si è voluto, in sostanza, che all’Amministrazione, nel momento in cui essa si accinge a scegliere i soggetti ai quali affidare funzioni di vertice, sia consentito valutare le capacità potenziali di ogni ufficiale scrutinato – e cioè la sua attitudine a svolgere funzioni diverse da quelle attuali nel ricoprire ruoli di maggior impegno e responsabilità – attraverso un apprezzamento orientato al futuro, prendendo in esame le caratteristiche potenziali del valutato rispetto alle competenze, capacità e connesse responsabilità richieste dal grado che deve essere attribuito.
Ai fini della ricognizione normativa relativa al quadro di riferimento in subiecta materia rilevante, va poi rammentato come l’art. 45 della l. 19 maggio 1986 n. 224 abbia rimesso al Ministero della Difesa la disciplina delle modalità applicative dell’art. 26 della legge 1137 del 1955, “prevedendo criteri che evidenzino le motivazioni poste a base delle valutazioni”. In attuazione di tale disposizione, l’anzidetta Autorità ministeriale ha emanato il decreto 2 novembre 1993 n. 571, recante il regolamento concernente le modalità e i criteri applicativi delle norme contenute negli artt. 25 e 26 della l. 12 novembre 1955 n. 1137. Sulla base del delineato sistema normativo, il sistema della promozione a scelta viene ad essere caratterizzato non già da una comparazione fra gli scrutinandi, ma da una valutazione in assoluto per ciascuno di essi; di talché l’iscrizione nel quadro di avanzamento è determinata dalla posizione conseguita da ciascuno nella graduatoria, sulla base del punteggio attribuitogli. Tale sistema non può considerarsi in contrasto con i parametri costituzionali volti ad assicurare l’imparzialità ed il buon andamento della Pubblica Amministrazione; né può ritenersi che la norma abbia inteso sottrarre i procedimenti relativi ai giudizi di avanzamento degli ufficiali al sindacato giurisdizionale, il cui svolgimento è, piuttosto, inalveato: – sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso relativo, nei limiti in cui esso sia possibile in base al raffronto a posteriori, fra loro, dei punteggi attribuiti a ciascuno, in riferimento agli elementi di giudizio (documentazione caratteristica) concretamente presi in considerazione (cfr. Corte Cost. 7 aprile 1988 n. 409; Cons. Stato: sez. IV, 18 giugno 1998 n. 951 e 24 marzo 1998 n. 495; sez. III, 21 maggio 1996 n. 726); – sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso assoluto, allorquando si tratti di sindacare la coerenza generale del metro valutativo adoperato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 1999 n. 1196 e 27 novembre 1997 n. 1328), ovvero la manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate, ed alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della sua carriera.
Quanto alla caratterizzazione del giudizio espresso dalla Commissione superiore in sede di avanzamento degli ufficiali (specie per i gradi più elevati), è opportuno sottolineare come esso costituisca espressione di una valutazione complessiva, nella quale assumono indivisibile rilievo gli elementi personali e di servizio emersi nei confronti dell’ufficiale: dimostrandosi, quindi, impraticabile la scissione delle singole componenti del giudizio stesso, per poi assumere che uno di essi, isolatamente considerato, sia sufficiente a sorreggere il giudizio complessivo.
Va quindi affermato – dato atto del prevalente orientamento giurisprudenziale che ha attribuito valenza di apprezzamento di merito non sindacabile in sede giurisdizionale alla conclusiva valutazione con la quale l’Amministrazione abbia dato peso e significato alla complessiva personalità e attività dell’interessato (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 24 marzo 1998 n. 495 e 3 giugno 1997 n. 592) – che la ponderazione valutativa dei titoli dei partecipanti (da effettuarsi nell’ambito di un giudizio complessivo e inscindibile), non riveste specifica (e parcellizzata) autonomia, potendo la mancanza di qualche titolo da parte di taluno degli scrutinandi essere controbilanciata, ai fini del giudizio globale, dal possesso dei titoli diversi valutati come equivalenti dalla Commissione Superiore di Avanzamento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 marzo 1998 n. 495, 10 marzo 1998 n. 397, 24 marzo 1997 n. 282; nonché sez. III, n. 726 del 1996 cit.).
Sulla base di tali premesse, è possibile individuare gli ambiti del sindacato giurisdizionale attribuito in materia al giudice amministrativo.
Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che i giudizi di avanzamento degli ufficiali sono soggetti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo soltanto entro limiti estremamente ristretti, segnati dalla necessità di rispettare la sottile, ma non di meno precisa, linea che divide il giudizio di legittimità dalla valutazione di merito, squisitamente discrezionale, demandata istituzionalmente all’apprezzamento della Commissione Superiore di Avanzamento (Cons. Stato, sez. IV, 29 agosto 2001 n. 4568). Sul piano applicativo, se ciò impedisce in radice al giudice amministrativo di procedere all’esame comparativo degli ufficiali valutati in sede di redazione degli scrutini di avanzamento, o di verificare la specifica congruità del punteggio attribuito, non può però ad avviso del Collegio precludere – secondo i princìpi generali del giudizio di legittimità – il sindacato in ordine alla coerenza e ragionevolezza della valutazione tecnica operata dalla Commissione, e cioè il riscontro ab externo di elementi sintomatici del vizio della funzione discrezionale esercitata in concreto dalla P.A. Restano, cioè, pur sempre apprezzabili quelle palesi incongruenze in presenza delle quali il vizio non può più ritenersi intrinseco alla valutazione di merito (che in sé implica una più o meno lata opinabilità), bensì trasmoda in eccesso di potere configurabile – appunto – in senso relativo, allorché emergano consistenti indizi di macroscopici contrasti di giudizio, capaci di dimostrare – con chiaro ed univoco significato – l’esistenza di profili di incoerenza ed illogicità di portata tale da non lasciare dubbi sul travalicamento, da parte della Commissione superiore, dei limiti della sua pur ampia discrezionalità (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2000 n. 4234).
La cognizione del giudice amministrativo non può, pertanto, che essere limitata ad una generale verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti in sede di scrutinio per l’avanzamento; ciò tanto più ove si consideri come sia assai ampia la discrezionalità attribuita alla commissione superiore, chiamata ad esprimersi su candidati in lizza per il raggiungimento dei più alti gradi della carriera militare, le cui qualità sono definibili – sia in senso assoluto, sia comparativamente agli altri colleghi assunti in valutazione – solo attraverso sfumate analisi di merito, implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali.
Si è, di conseguenza, escluso che il giudice amministrativo possa procedere all’esame comparativo degli ufficiali valutati in sede di redazione degli scrutini di avanzamento, o verificare la specifica congruità del punteggio attribuito, in quanto la discrezionalità tecnica della commissione è sindacabile solo in presenza di valutazioni incoerenti o irragionevoli, tali da comportare un vizio della funzione (Cons. Stato, sez. IV, 3 giugno 1997 n. 592).
Si dimostrano, pertanto, apprezzabili solo quelle palesi aberrazioni in presenza delle quali il vizio non può più ritenersi intrinseco alla valutazione di merito (che in sé implica una più o meno lata opinabilità), bensì trasmoda in eccesso di potere (Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 1998 n. 397): il che avviene nei casi in cui sia oggettivamente rilevabile la manifesta irrazionalità nell’esercizio della discrezionalità (nella valutazione tecnica degli scrutinandi)”.