In caso di molestie sessuali è responsabile il Ministero della Difesa

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Un caporal maggiore scelto – una ragazza – in addestramento è vittima di pesanti allusioni a sfondo sessuale da parte del suo istruttore.
Nella notte – all’interno del reparto – chiamata a rapporto dal superiore viene seriamente molestata sessualmente e minacciata di essere giudicata negativamente in sede di valutazione finale del corso ove non avesse accettato le ” avances” dello stesso superiore.
Cedendo al ricatto – contro la sua volontà – per paura di non passare il corso preso coraggio si reca dai Carabinieri e denuncia il tutto.
Recatasi dall’avvocato militare intende valutare un’eventuale azione di risarcimento del gravissimo danno morale subito.
Sul punto la stessa potrà convenire in giudizio direttamente il Ministero della Difesa.
La Cassazione ha affermato infatti che “ai fini dell’applicabilità dell’art. 2049 c.c., in tema di colpa presunta del datore di lavoro, non è necessario un rigoroso collegamento, come di causa ad effetto, tra espletamento delle mansioni e comportamento produttivo del danno, ma è sufficiente che sussista un nesso di occasionalità necessaria fra l’illecito ed il rapporto di subordinazione che lega l’autore di esso all’altro soggetto, nel senso che le incombenze o mansioni affidate al primo abbiano reso possibile o comunque agevolato quel comportamento dannoso” 
Il criterio della “occasionalità necessaria, costantemente ribadito in numerose sentenze, sta perciò a significare che la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro ex art. 2049 c.c. per i danni derivanti dal fatto illecito, anche penale, commesso dal dipendente sorge allorquando l’attività di costui abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere comunque possibile il fatto illecito ed il danno da esso derivato, ancorché egli abbia operato oltre i limiti delle sue effettive incombenze, senza tuttavia esorbitare dal rapporto lavorativo al punto da configurare una condotta del tutto estranea ad esso.
 
Per contro, la responsabilità è esclusa soltanto in casi limite, relativi a fatti svoltisi in un contesto del tutto privato e senza il benché minimo collegamento, concreto e attuale, con l’attività svolta dal dipendente.