illegittima la consegna di rigore per l’omessa comunicazione del cambiamento di residenza ai sensi dell’art. 52 Reg. Disc. mil.

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.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 12-07-2010, n. 2788 Intestazione – PQM Svolgimento del processo e motivi della decisione Il ricorrente presta servizio presso l’Arma dei carabinieri con il grado di appuntato scelto. Con provvedimento del 28 luglio 2009, gli veniva comminata la sanzione disciplinare di un giorno di consegna per aver omesso di comunicare all’amministrazione di appartenenza la variazione della propria residenza, in “violazione dell’art. 52 comma 5 lettera a) del regolamento di disciplina militare (D.P.R. n. 545/1986)”. Avverso tale provvedimento, l’interessato ha proposto ricorso gerarchico. Con atto del 21 novembre 2009, il Comandante del Gruppo Carabinieri di Monza respingeva il suindicato ricorso, confermando la sanzione disciplinare inflitta. Il presente giudizio ha per oggetto i suindicati provvedimenti. La Sezione, con ordinanza n. 113 del 5 febbraio 2010, ha accolto l’istanza cautelare. In prossimità dell’udienza di discussione del merito le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive conclusioni. Tenutasi la pubblica udienza in data 10 giugno 2010, la causa è stata trattenuta in decisione. Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato, essendo meritevole di accoglimento il secondo motivo di ricorso avente carattere assorbente. Con tale doglianza si deduce che la mancata comunicazione del cambio di residenza non integrerebbe la condotta tipica prevista dall’art. 52, comma 5, lett. a) del d.P.R. n. 545/1986, e che pertanto l’Amministrazione intimata avrebbe errato nell’irrogare al ricorrente la sanzione disciplinare qui opposta. In proposito si osserva che in base all’art. 52, comma 5, del d.P.R. 18 luglio 1986 n. 545 (recante “Approvazione del regolamento di disciplina militare, ai sensi dell’art. 5, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382.) “il militare deve (…) dare sollecita comunicazione al proprio comando o ente: a) di ogni cambiamento di stato civile e di famiglia; b) degli eventi in cui fosse rimasto coinvolto e che possono avere riflessi sul servizio. Con particolare riferimento alla previsione di cui alla lettera a), di cui è stata contestata la violazione, occorre rilevare che vi sono dei fatti, quali la nascita, il sesso, il nome l’età ecc., che definiscono l’identità e lo stato delle persone fisiche e che hanno quindi rilevanza per il sorgere, il modificarsi ed il venir meno di tutta una serie di effetti giuridici che li riguardano. Questi elementi hanno particolare importanza nella vita di una società, giacché la certezza dei traffici giuridici dipende anche dal fatto che di essi tutti possano venire agevolmente (ed in modo sicuro) a conoscenza. Per questa ragione il legislatore si preoccupa di assicurarne la pubblicità e di precostituirne la prova organizzando all’uopo un pubblico servizio che, in considerazione della fondamentale rilevanza dei fatti in parola per lo stato delle persone, è denominato appunto servizio dello stato civile. La natura dei fatti di cui si discute è attualmente delineata dal d.P.R. 3 novembre 2000 n. 396, il quale prevede che gli ufficiali di stato civile conservino quattro registri, e precisamente il registro di nascita, di cittadinanza, di matrimonio e di morte, nei quali annotare gli eventi attinenti a tali aspetti della vita delle persone fisiche. Come si vede fra i dati rilevanti ai fini dello stato civile e di famiglia non sono ricompressi quelli relativi alla residenza. Si deve dunque escludere che la mancata comunicazione della variazione del luogo di residenza possa integrare la violazione del citato art. 52, comma 5, lett. a) del d.P.R. 18 luglio 1986 n. 545, laddove, come illustrato, è invece previsto l’obbligo per i militari di comunicazione di cambiamento dei dati che riguardano lo stato civile e la famiglia. Quanto sopra per le evidenti esigenze di certezza caratterizzanti la materia dei procedimenti disciplinari che non ammettono in alcun modo un’opzione ermeneutica dalla portata sostanzialmente integrativa del dato normativo, quale quella proposta dalla difesa erariale. In tale quadro il comportamento contestato al ricorrente non ha rilevanza disciplinare e non può essere ascritto a volontaria o colposa violazione degli obblighi di servizio. Il Collegio peraltro non ignora che in alcuni precedenti il giudice amministrativo ha affermato che la mancata comunicazione del cambio di residenza possa costituire comunque comportamento disciplinarmente rilevante, richiamando in proposito la violazione della lett. b) del citato comma 5. Al riguardo si osserva, in primo luogo, che la contestazione disciplinare e la successiva sanzione inflitta al ricorrente non hanno avuto ad oggetto la violazione di tale prescrizione, che è stata invocata soltanto nella memoria difensiva dell’amministrazione e nella decisione sul ricorso gerarchico proposto dall’interessato. Va però considerato che l’autorità decidente il ricorso gerarchico non ha il potere sostituire la motivazione del provvedimento impugnato, che non può nemmeno essere integrata in sede di giudizio. Si ritiene inoltre che, quando l’Amministrazione intenda applicare quest’ultima norma, debbono essere illustrate, nel provvedimento che irroga la sanzione, le specifiche ragioni che, nel caso concreto, fanno ritenere che l’evento di cui è stata omessa la comunicazione sia rilevante ai fini dell’adempimento dei doveri di servizio. Nella fattispecie in esame, il provvedimento che irroga la sanzione al ricorrente prescinde completamente dal fornire tale illustrazione: l’omessa comunicazione del cambiamento di residenza è stata ritenuta di per sé decisiva ai fini dell’emissione del provvedimento sanzionatorio proprio perché si è fatta applicazione della lett. a) del ridetto comma 5; il quale, tuttavia, come detto, non è invocabile allorquando vengono in rilievo dati che non afferiscono allo stato civile o alla famiglia del militare. In nessuno degli atti adottati l’amministrazione militare ha avuto cura di precisare le ragioni per le quali il formale cambiamento della residenza anagrafica del ricorrente dal Comune diCampione d’Italia a quello di Trinitapoli, potesse determinare effetti pregiudizievoli al corretto adempimento dei doveri di servizio da parte del ricorrente. Per tali ragioni il ricorso va accolto. La novità della questione induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.