art.635 Ord. Mil. : non applicabilità delle cause ostative al reclutamento ( es. condanne penali) alla diversa ipotesi di immissione in ruolo

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Un militare in rafferma è imputato, al momento della presentazione della domanda in s.p.e., per il reato di maltrattamenti in famiglia e ” stalking” nei confronti dell’ex coniuge.
La P.a. in applicazione dell’art. 635 ord. mil., ritenendo non sussistenti i requisiti per il reclutamento, dichiara inammissibile la sua domanda in s.p.e., e, scaduto il tempo massimo per la rafferma, notifica al medesimo il provvedimento di proscioglimento .
Recatosi dall’avvocato militare, il graduato intende verificare la fattibilità di un ricorso al Tar per ottenere nell’immediato la sospensiva contro siffatto provvedimento ed, indi, l’annullamento definitivo.
L’art. 635 cit., indica i requisiti generali necessari per il reclutamento volontario, e prevede tra essi anche la sussistenza della seguente condizione: “non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”. 
Mentre è infatti ragionevole che l’amministrazione, potendo selezionare nell’ambito di una vastissima platea di candidati, scelga di restringere la selezione ai soli candidati per i quali non sia discussa la condotta morale nemmeno in termini di rischio (così escludendo ad es. coloro che abbiano semplicemente un procedimento penale pendente ed anche per reati di scarsissimo allarme sociale), diversamente è irragionevole che precluda definitivamente la prosecuzione di un rapporto lavorativo già avviato senza esaminare in concreto la gravità dei fatti contestati, la definitività dell’accertamento, etc. 
Si è già detto che la norma si occupa genericamente del reclutamento, evidentemente richiamando un concetto già esplicitato in altre parti del codice. Ed infatti, la definizione di reclutamento è data dall’art. 633 del codice, il quale ha riferimento al “complesso delle procedure e delle attività tecnico-amministrative necessarie per l’immissione in servizio di personale militare”. 
Si tratta dunque di verificare se l’immissione in servizio permanente, a seguito di ferma quadriennale, sia o meno sussumibile nel concetto di reclutamento fatto proprio dall’art. 635. 
In proposito deve osservarsi che, se non vi è dubbio (per quanto qui rileva) che l’ammissione alla ferma volontaria quadriennale rientri nel concetto di reclutamento, giusto il disposto dell’art. 701 (Le modalità di reclutamento dei volontari in ferma prefissata quadriennale, nonché i criteri e le modalità per l’ammissione alle ulteriori rafferme biennali sono disciplinati con decreto del Ministro della difesa…….), il passaggio al “servizio permanente”, diversamente, può farsi ragionevolmente rientrare nell’omogeneo ma diverso concetto di immissione nel ruolo, specificatamente utilizzato dall’art. 704: “Al termine della ferma prefissata quadriennale ovvero di ciascun anno delle rafferme biennali, i volontari giudicati idonei e utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente con le modalità stabilite con decreto del Ministero della difesa”. 
L’immissione in servizio permanente, in sostanza, è successiva al reclutamento volontario in ferma prefissata ed è riservata a coloro che, già reclutati, si collochino utilmente nella graduatoria di merito, ovviamente nei limiti delle necessità organiche dell’amministrazione. 
Se così è, allora, all’immissione in servizio permanente conseguente a ferma quadriennale non possono applicarsi le cause di esclusione “automatiche” previste dall’art. 635 comma 1 lett. g). Evidentemente ciò non significa esenzione, ai fini dell’immissione nei ruoli permanenti, dagli effetti di qualsiasi illecito commesso durante la ferma, poiché ad evitare tale evenienza soccorre il disposto dell’art. 957, il quale impone il proscioglimento della ferma, e di conseguenza l’esclusione dall’immissione in servizio permanente (per mancanza del valido compimento del periodo di servizio pregresso), oltre che “per condanna penale definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all’articolo 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale”, anche per “grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare” (motivi disciplinari posti dall’articolo 1357 – richiamato dall’art. 957 cit. – a base della cessazione della ferma o dalla rafferma)